Una storia

Feudi di Guagnano nasce con l’obiettivo di salvare alcuni ettari di vigneti coltivati a negroamaro e primitivo abbandonati da vignaioli ormai anziani e non più in grado di coltivarli. Ecco perché produrre vini per la nostra cantina è stato soprattutto un atto d’amore verso un territorio, il Nord Salento, storicamente fra i più importanti d’Italia dal punto di vista vitivinicolo.

Il nome “Feudi di Guagnano” deriva dalla parola “fiéu” (in latino feudus) che in dialetto salentino significa contrada campestre, porzione di terreno extraurbano: infatti i nostri vigneti, di estensione molte volte al di sotto dell’ettaro, dimorano in diverse contrade del territorio guagnanese.

Il marchio aziendale, interpretato in chiave moderna,  rappresenta una sintesi perfetta della storia e delle tradizioni di questo importante territorio al centro della penisola salentina. Infatti, esso riporta un particolare dell’immagine più significativa della storiografia locale: l’affresco basiliano della “Madonna col Bambino”  intorno al quale, una leggenda popolare, fa risalire la fondazione del primo nucleo di case del paese di Guagnano.


Vignaioli da generazioni

È grazie ad essa che dal 2002, Carlo, Gianvito e Franco – nipoti di quegli stessi infaticabili vignaioli – si impegnano, dopo aver salvato dall’abbandono gli antichi vigneti di Negroamaro appartenuti agli antenati, a scrivere quotidianamente un nuovo capitolo di questa storia lunga e affascinante che hanno deciso di intitolare “Feudi di Guagnano”, soprattutto per sottolineare il legame indissolubile con il territorio salentino e il sentimento verso questa terra avara e, al tempo stesso, generosa. A Guagnano, paese dal cuore pulsante per la terra e i vigneti,  i nonni vignaiuoli tenaci, sono stati in grado di scrivere pagine importanti di una storia intitolata “Negroamaro”.

Non una storia come tutte quante le altre: in essa, infatti, si coglie la fatica e lo spirito di sacrificio di gente nata e cresciuta in un lembo di Sud, dove spesso il quotidiano tendeva a confondersi con il sempiterno. Una storia a cui è facile prestare orecchio e sentire ancora lo stridio delle ruote sulle mulattiere e le voci indistinte fra le vigne a fare da crinale tra la notte e il giorno.

A più di ottant’anni di distanza, il medesimo spirito di sacrificio e una identica passione pulsano ancora nel nostro animo con lo stesso vigore e la stessa tenacia.

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Le vigne cuore pulsante

I vini della nostra cantina sono ottenuti esclusivamente da vitigni autoctoni: negroamaro, primitivo, malvasia nera di Lecce e verdeca. Fa eccezione lo chardonnay, dal quale viene ricavata una selezione speciale affinata in barrique di rovere francese per 6 mesi. Tale filosofia scaturisce dalla volontà di valorizzare il territorio e di produrre dei vini che siano espressione della storia e della tradizione vitivinicola della propria terra. La cura estrema nelle fasi di coltivazione e dei processi di vinificazione assieme ad una raccolta rigorosamente manuale, qualificano la variegata offerta dei vini della nostra cantina.


Nero di Velluto

Un Negroamaro moderno concepito nel 1918

Potremmo definirlo così il “Nero di Velluto”, il vino più importante della cantina: un Negroamaro moderno la cui storia inizia con la vendemmia del 2002 ma che trova la fonte ispiratrice del suo nome in uno scritto del 1918 del fotografo e giornalista salentino Giuseppe Palumbo.

Immaginavamo un vino simbolo per la nostra cantina senza però sconfinare nel protagonismo. A donarci la materia prima sarebbe stata la vigna più vecchia piantata nel 1935 e sopravvissuta alla seconda guerra mondiale e all’abbandono dell’uomo. La prima vendemmia doveva essere la 2002 e così fu. L’annata però si rivelò difficile e disastrosa: di peggiore ricordavamo solo quella del 1995.

Fu questo “incidente” della natura che ci portò a modificare in corso d’opera la nostra strategia vendemmiale e a raccogliere i migliori grappoli di negroamaro in piccole cassette di legno mono strato. Questo ci avrebbe consentito di fare un leggero appassimento per un periodo di 30/40 giorni per avere sia un incremento degli zuccheri che dei valori dei polifenoli e degli antociani. Il vino che se ne ottenne, circa 18 ettolitri per 2.298 bottiglie tutte numerate a mano, fu affinato in 8 barriques di secondo vino provenienti da una famosa cantina della Borgogna.

Fin qui l’aspetto puramente tecnico e materiale che ha caratterizzato la nascita di questo vino. Il seguito, cioè il suo battesimo con il nome di Nero di Velluto, è legato a uno scritto del 1918 di Giuseppe Palumbo dal titolo “La Vendemmia nel Salento” pubblicato sulla rivista milanese “Varietas” e che, presagendo un suo imminente utilizzo, qualche anno prima avevamo trascritto parzialmente su un foglio di carta. Dopo la vendemmia del 2002 (la prima) ne rileggemmo il contenuto e ad un certo punto gli occhi si  fermarono sulla seguente frase: ” (…) Ed a piè di ogni vite tutto è diventato nero di velluto, tutto è maturo, deliziosamente profumato”. Quel giorno era il 7 ottobre e ufficialmente nasceva il negroamaro Nero di Velluto.


Una cantina diffusa

La cantina Feudi di Guagnano è composta da due unità produttive situate nei comuni di Guagnano e Campi Salentina. Appena cinque chilometri di ininterrotte distese di vigneti uniscono i due siti. Ed ecco perché noi diciamo che la nostra è una “cantina diffusa”. Non c’è differenza, non c’è separazione. A Guagnano la sede storica con un’ampia sala degustazione immersa tra file di barrique, gli uffici e il magazzino spedizioni; a Campi Salentina gli impianti di vinificazione e imbottigliamento e l’antica bottaia.

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